martedì 19 gennaio 2010

Comprami

Colorarsi da è un dovere vitale,
un piacere unito
ma sei lontano,
non è facile
e l'unica cosa che so fare è aprire altre scatole di pastelli,
altri tubetti di tempera,
ben consapevole della diversità
di provenienza fra loro e te.

Per osmosi vado avanti con l'album di tele
e mi pendono le dita gocciolanti.
Tuttavia non sono Pollock,
e sono troppo assorbita dalle scatole da riempire.
Restano vuote
dato che non sono cosciente del colore del mio passato,
del suo pattern, di come potrei confezionarlo.
So che ha un'identità, degli anni di restyling e di origine,
ma sono daltonica rispetto alla differenza fra lana e tarme,
e non volendo scartare aspetto,
toccando i gomitoli e strappando solo quello che si muove.

Lavo maglie,
mutande,
ma certe schifezze mi ostino a toglierle come una bambina,
che imita la mamma e spazzola la bavaglia con la spazzola delle bambole
o quella del lucido da scarpe.
E la macchia resta,
e se ne aggiungono altre,
di cui mi rendo consapevole,
che mi colano dalla pelle,
dalle fenditure,
che non mi interessavano più.


Penso che tu sia disegno,
e ti comporti da tale,
vai via, a forza di lavare,
mentre le macchie restano.

Ho i prodotti ma non li so usare.
A volte ho fatto un buco
per no vedere al macchia, senza contare che non volevo nessun ecografia
nè tantomeno interventi a cuore aperto.

Riprendo in mano la matita vera,
anzi il pennello.

Se vuoi puoi restare,
ma non credo diventerai setole,
per quello esistono le martore.