venerdì 2 dicembre 2011

Ematocrito

La diaspora degli stami nel latte.

In sospensione aerea pulviscolo di ghiaia.

Le ore colano, il gastro freme di pigrizia e noia morta primordiale della giornata.

Oggi la spugna è il nome del martedì.
Se mi sdraiassero su un tavolo.
Mi sdraierai su un tavolo,solo quando lo dirò io.
Stracci disattento nella banalità in cui precipiti il velo che hai adorato mentendo non in sincerità lineare ma sulle profondità a cui si avventura la tua lama personale.

Salire le scale convulsamenteescher è lì a fare il geometra e bosch trapani diaboliciclaustrofobici,battaglieri.

Mi ci faccio la lama dei pattiniscorrere sul lago di polvere congelata,microdiamanti che soffiano che non conoscono le metropoli meridionali delle gocce.

Quel male lieve che ti avvolge aereo le caviglie.
Leggero lui,pesante tu.

Fammi scrivere ti prego tempo,lasciami toccare,permettere.
Non sputo in faccia a nessuno, promesso.

Inspiro a lungo due sole volte.Mi esplodono gil occhi in ghiaia rosso cina lacca.Vaticana,imperiosa,liscia.
Ogni granulosità raccolta in piccole sfere lucenti lubrifiche.Secche.

In ginocchio non mi metto, no nemmeno di nascosto,nemmeno con le frecce,i pugnali,le baionette.Scendo, salgo, spando,tutto da ferma.Solo in freddo bianco impune lo può faremi può vincere,sfilarmi la biancheria e rimetterla dopo il suo passaggio.

entro,firmo,sorrido educata in plexiglas elasticoe ti aspetto ancora. Amen