domenica 20 giugno 2010

Def_orme

"Domani è lontano se mi ami ora

penso che ho di nuovo i brividi e mi lascio prendere da domande inutili ,
dapoeti ipocriti sui miei rami umidi, sulle foglie ultime, a che cosa
pensano questi umani fragili
a che cosa servono i miei rami stupidi ,
a che cosa servono se mi lascio prendere da pensieri inutili "

baustelle

I mostri hanno le zampe,
non i piedi, non sono impronte le loro,
sono orme,
impolverate e impresse,
deformi, carenti di stabilità
fisica all'ambiente dove stanno i piedi,
umani e perfettamente progettati
per calpestare diversità e segreti,
intelligenza e onestà.

Coi bozzi le bestie hanno un cuore.

giovedì 10 giugno 2010

Vertigini



Partirò dalla mia vita di sapone,
da quello che ho in bocca.
La camicia è meglio troppo stretta,
(da pazza mi sento ostinatamente in osmosi).
Troppo larga lascia soli,
e senza ricambio,
segretamente unici
col proprio respiro prigioniero,
rivolto solo alla pelle.
Si liquefa il ricordo,
passato dalla vita alla cartolina,
da cui si cancellano ologrammi di piante in vaso e aroma di caffè appeso ai lobi della sveglia,
dei nomi da scegliere.
Il disastro dell'abbraccio eterorivolto.
Molti cadono. Sono crollati tempo fa.
Mi rialzo ora e non faccio mistero della sorpresa mancata.
Non fascino è la parola chiave.
Recupero la prospettiva, mai lasciata grazie al periscopio.
Solo virgole di sale
sulle guance.
Tutte le forme che ho preso mentre eri solo pelle
me le hai tenacemente inflitte plasmandomisul tuo corpo,
un maglio,
sul tungsteno.
Aver mangiato ed essere stata vinta dall'evidenza
e che la vita se non erode l'utopia
sfigura l'integrità
sbriciolarsi, senza nessuna novità.
Saprò consolarmi, di universi e di cerchi,di nuovi movimenti,
di inizi non proprio nuovi
se ci saranno
quando il fumo avrà chiuso le feritoie
per riaprirle su un paesaggio-ora- fosforescente.
Le prime entità da vedere post ustione immediata sono solo pennarelli ottici.
Mi sbrigo a finirci contro le munizioni.
Nella confusione sparo per davvero alle lucertole sui muretti.
E' il dopoguerra di una battaglia a cui la consapevolezza ha partecipato in differita,
era imbavagliata sugli occhi.
Era caduta in un pozzo così probabile,
così utile
che è quasi l'imbarazzo ad avere la meglio sull'onore dolente.
E' l'ora delle maschere che si sgretolano,
della verità attuale che galleggia accarezzando da dentro la pancia dell'acqua.
Un naso prominente dentro la pelle di un palloncino a cui non serve appoggiarsi
per deformarlo di bagnato.
Ma non vedi,
per quanto mi profonda in visioni,
nemmeno da lontano l'antico habitus,
lucy,
nemmeno per sbaglio ascolti i Beatles.
Rivedrò l'alfabeto, le mie spiegazioni cirilliche,tra poco.
Non prendere farfalle e farle pesare come trote.
Non è acqua dolce questa.
Restando ferma perdo un'intera gamma cromatica.

mercoledì 2 giugno 2010

Il cielo, il dito e l'imbecille



"Il Quena è uno strumento simile a un flauto usato dagli Indios
sudamericani. E’ fatto di ossa umane. Deve la sua origine
all’adorazione che un Indio nutriva per l’amata, e quando lei morì
egli costruì un flauto con le sue ossa.
Ha un suono più penetrante dei soliti flauti.

Sono diventata un’idiota proprio come Getrude Stein. E’ questo che
l’amore combina alle donne intelligenti"

A. Nin