giovedì 1 ottobre 2009

Il fumo del giovedì pazzo





Niente.

Mi stropiccio ma non serve,

mi scotto solo di più senza svegliarmi.

Mi hanno lasciato la ribalta,

dopo un bel repulisti di candeggina.

E sono sola in mutande,

con la sinusite e una maglia troppo grande.
E troppi fili...
troppe traparenze.

Per giunta in testa ho la parrucca dei miei capelli di qualche anno fa.

solo sbiaditi nei pigmenti e nella forma.

Vorrei ci fosse solo lei.



Sono afona,

di naso e di corpo.

E' pungente quella che dovrebbe essere una puzza,
di disinfettante,
di ospedale.
Le recite dei matti.
Nè di varechina
nè di letti poco puliti.

ma non ne riconosco l'odore.


Urlo a

nessuno,

come un ciclope fatalmente credulone,

muta


ma

sento solo qualche colpo di scopa,

lontano.


Le pulizie.


Fa freddo da oggi.

Non le pare signora?

Ma ovviamente non mi sente.


Però risponde:

faticando lo si sente meno

si dice.


E funziona.


Fino al traguardo,

raggiunto stancamente,

il giorno prima della maratona,

il cui solo pensiero non vale più di niente.


Non so se sia vendetta,

non so se sfinimento.


Mi tremano le ginocchia.

Per niente.


In fondo sono già stata Cassandra,

Medea,

Giulietta

e Desdemona.


Mi adroato pubblico vuoto,

abbiate pazienza poltrone,

non riesco a parlare,

nè a recitare.


Raccolgo tutte le ciocche che inizio a perdere copiose.

E torno a un sogno.


Dal fumo,
da dentro.









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