venerdì 2 dicembre 2011

Ematocrito

La diaspora degli stami nel latte.

In sospensione aerea pulviscolo di ghiaia.

Le ore colano, il gastro freme di pigrizia e noia morta primordiale della giornata.

Oggi la spugna è il nome del martedì.
Se mi sdraiassero su un tavolo.
Mi sdraierai su un tavolo,solo quando lo dirò io.
Stracci disattento nella banalità in cui precipiti il velo che hai adorato mentendo non in sincerità lineare ma sulle profondità a cui si avventura la tua lama personale.

Salire le scale convulsamenteescher è lì a fare il geometra e bosch trapani diaboliciclaustrofobici,battaglieri.

Mi ci faccio la lama dei pattiniscorrere sul lago di polvere congelata,microdiamanti che soffiano che non conoscono le metropoli meridionali delle gocce.

Quel male lieve che ti avvolge aereo le caviglie.
Leggero lui,pesante tu.

Fammi scrivere ti prego tempo,lasciami toccare,permettere.
Non sputo in faccia a nessuno, promesso.

Inspiro a lungo due sole volte.Mi esplodono gil occhi in ghiaia rosso cina lacca.Vaticana,imperiosa,liscia.
Ogni granulosità raccolta in piccole sfere lucenti lubrifiche.Secche.

In ginocchio non mi metto, no nemmeno di nascosto,nemmeno con le frecce,i pugnali,le baionette.Scendo, salgo, spando,tutto da ferma.Solo in freddo bianco impune lo può faremi può vincere,sfilarmi la biancheria e rimetterla dopo il suo passaggio.

entro,firmo,sorrido educata in plexiglas elasticoe ti aspetto ancora. Amen

venerdì 21 ottobre 2011

La fata turchina

Esistono solamente differenti livelli.
Sempre più profondi

noiosi nella scelta compiuta
non la svolta.
Mai la svolta.

Solo a un angolo,
che ne presuppone un altro.
Non ho più serbatoi di rassicurazione,
non lacrimatoi di prevenzione.

Scoccata la mezzanotte mi ritrovo immancabilmente a cavallo di una zucca ben più leggera della bava del ragno che l'ha arabescata.
Imbelle al bilico che le increspature creano.

Di colpo i colori si smorzano,
il freddo picchia e la nebbia non è più affascinante.
I denti tornano deboli e inutili.

Rimetto le scarpe,
armature alla vita terrena.
Il colore delle labbra si finge diverso.
Sogno di tutto in maniera sempre più confusa
meno acuta.

Torno nel mio bozzolo,
sotto il mio guscio, nell'involucro meno banale del suo nome, ma solo in parte.
senza cipria.

Le dinamiche entropiche e gravitazionali tornano al sapore metallico.

Ho avuto tutto il tempo di riaddormentarmi in quel lacerto di gioia
che si chiama calore residuo. Non diverso da quello di un cane.
Ho troppa poca materia per odiaR

Troppi stimoli aperti.
Ho freddo così senza prato,
restano solo mine pigre e traditrici sempre a litigarsi piccole coperte di polvere tra loro.

E ora ho tutto il tempo del mondo per starle ad osservare senza farmi nessuna corsa.

giovedì 13 ottobre 2011

giovedìgiallodeimatti

Una falce grigia mi ha pettinato stanotte,
un filo prima che prendessi conoscenza
apprendessi quanto corto avrebbero cercato di farmi il fiato anche oggi.

Mentre inspiro a pieni polmoni.

Posso nuotare, allontanarmi
stridere con l'aria e diventare un tizzone
ma divento più espansa ad ogni tocco
e la morte mi viene in braccio
culla di immagini vacue
fioche e tatteggiate di verdognolo appetitoso per vermi.

Sento tutto
anche venti,
metri sottoterra,
dentro allo stomaco di una balena sciolta
mucillaggine di mare aperto
alle ecchimosi a lido d'ape
di fiele.

Torno a non parlare
a scoppiare d'odio
alternato a fortunati schiaffi di opposto
e poco concorde al giorno
ma coerente al resto.

Germoglio anche se è ottobre


augurando la forca a chi
ha sputato sopra intelligenza di vita.


L'odio è cieco
l'amore spesso miope.

Fagioli di bile per oggi

che scenderanno
piano
lungo il colon

lenti
inesorabili
ferini

raschianti le interiora in rete di metallo

dilavate

urlano
dai pori

lunedì 1 agosto 2011

un novembre assolato

E le proteine rigide coprono sempre
senza crepe.
Purtroppo
con poco ossigeno nemmeno per me
non si muore subito,

si galleggia ancora
e non c'è ragione in nessuna assonometria in cui filtro la tua follia.

Perchè sei contagioso
sei morto
lo dico allo specchio
così simile al muro che non c'è

Vedo gli uomini e i gatti
a destra e a sinistra
nel sole

la notte li sento che mi accarezzano
che mi mordono

e non so come si chiamano

ma non hanno le chiavi del mio guscio nuovo
perchè non ha serrature

asfittico su misura.

6 minuti di tana
che è morta candida e
rinata di cenere asettica

trascinata sulla spiaggia del malaffare
tra le alghe di cartapesta molle in un bozzolo di muco giallo
sono finita su un materasso dove ti annuso i capelli buoni
lisci
soavi
avvolti nel sonno disturbato e viola di fumo popolato di mitili affusolati.


e se adesso tu smetti di imporre la tua mano sul mio capo come potrò ripetere i tempi e i modi del verbo credere? e riempire le tasche di sassi levigati?
non mi svegliare mai più
se non senti mugolare.

ti regalo la mia voce
ricordami solo la gola stringendola a 5 dita
e le altre mettile a palmi larghi sul viso e fa' scendere tutta la mano lungo la spalla.

accarezzami e non ferirmi
perchè di sicuro non sei bravo quanto me


continuerà a piacermi il nero mentre unisco le ciglia superiori alla pelle più in basso
sono così cambiata che fatto il giro completo della ruota e adesso è tutto possibile tranne
il passato

giovedì 28 luglio 2011

canottiere e piedi nudi

fra l'hamburger di asfalto c'è la calca della pelle lessata
a reggere la convinzione.

in un poliedro di spazio indefinito
dai limiti di ovatta fresca e secca
si scioglie da lontano la palpebra con vista.

innaffio prospettive
annegando la rosa dei venti.

non più polipi spigolosi di escher
ma gomma sabbiata
sinuosa e fluorescente
diventa caviglia e braccio

nel lago salato
fra un alluce e il continente vicino,
con ciglia di cheratina
premono
e premono bagante
raggrinzendo la paura,

ammorbidendo la strada,
non sanguinano più
non c'è dolore inutile

ora che ho il sorriso di un maratoneta

giovedì 21 luglio 2011

Send me home dispossessed@Galleria Marelia




Il primo settembre vi aspetterò numerosi presso la Galleria Marelia di Bergamo per la mia personale dal titolo

Send me home dispossessed.

Il concept.


“Il silenzio è il più perfetto araldo della gioia” - W. Shakespeare.

Una volta un amico mi disse dopo aver letto alcuni miei brani che le mie righe portavano appesa una sofferenza che non ha espressione.

Da qui è partito tutto, da un' amarognolo re nudo.

Il senso di inadeguatezza che non ci si strappa di dosso perché è scheletro, che non si può condividere perché il solo verbo non sarebbe esaustivo e causerebbe nuova frustrazione.
La trincea di un male lancinante. Uno strazio muto alleviato solo da un'immersione nel silenzio, nella pienezza di un universo acquatico. Corriere di confessioni fedele e abbastanza.

Tutti questi aspetti li ho ritrovati nell'inchiostro (e nei suoni) di Ungaretti e PJ Harvey.
Entrambi trattano la figura del soldato e l'aspetto sanatore dell'acqua di per sé. Non personificata né deificata ma anelata per la sua essenza.

La consapevolezza netta della sofferenza li fa incidere immagini di cruda erosione, l' impotenza di liberarsi di un dolore enorme, fuori alone dentro macigno. Senza che nemmeno quel peso riesca a racchiuderlo.
I superstiti fingono per aggrapparsi a qualche spiegazione per accettare il non senso che la guerra è finita e che devono rimettere a posto anche quello che non è possibile consumare come loro sono, ma solo lavare.

L'acqua è l'unico elemento che permette loro del sollievo accettando il loro silenzio e rinfrescandoli dalla febbre del personale cratere senza fumo.

Dal vuoto zeppo della trincea al ritorno-attrito senza suono nel quotidiano con altre armi.

Il mio sasso sottacqua lo accarezzo in silenzio attraverso le loro parole.


Note.
L'uomo di Ungaretti è il soldato che ha combattuto la prima guerra mondiale, quella che ha messo fine alla millenaria era degli imperi storicamente considerati, con trincea come sinonimo. Conflitto di cui noi (nati dai 70 in poi) non abbiamo percepito se non “in scala”, anche per il fatto che i nostri nonni al massimo hanno partecipato alla Seconda e le hanno “dato voce” raccontandola anche solo con la loro fisicità. Essa infatti è stata fragorosa, totale, nucleare. La prima mefitica, lacerante, silenziosa e terribile come l'iprite. E' stata polvere di piombo sedimentati galleggiando negli alveoli dell'umanità estirpata.
L'essere di Pj Harvey è un soldato che prega andando avanti, sempre in movimento, dolente ma mai lamentoso e sempre forte, anche del proprio soffrire. Un sogno senza pietà, tra flutti reali e ombre mute.


Il COMUNICATO STAMPA lo trovate QUI,
la mia BIO qui
e le opere, non ancora dell'installazione QUI.


Vi aspetto il primo settembre 2011 dalle 20 alle 24!

giovedì 7 luglio 2011

E un...

Tra un seno e l'altro
ci scappa una lacrima di calore
mentre ti cerco di seguire
al fianco,
malsincrona di respiro,
maldestra nel passo e convinta.

Avanti,
in parte,
di fianco,
mi cingi e ti seguo,
ruota tutto,
la stanza appesa alla gonna,
e ai sandali.


Il poco vento mi incoraggia e sorride,
accende la carta e la colora.

Piano e intenso
nella notte piena
parla diretto alla sfera piatta
biancore latteo

scarnifichi dolcemente le mani,
le vedo mentre non lo fai

e qua di fronte vorrei non chiedessi scusa
e vorrei tu mi ungessi di avvitamenti
irrazionali e liberi
violenti
perchè l'erba è greve
acre

e tanto spaziosa.

(Ma le ciglia restano disgiunte,
sfuggi al mio tocco,
te ne vai
nel tunnel arioso del
calore che non possiede entrambi


e voglio il tuo odore
i tuoi riverberi
le novità
l'alone non mi basta più


la prossima volta è troppo lontana
non ho giacigli su cui distrarmi
per gli aliti flebili
che ormai si sono insediati

e mi svegliano ogni notte)

giovedì 23 giugno 2011

"Here is the house/La valse des monstres"




Sior e siori...a voi

Domenica 26 giugno alle ore 18.00 inaugura l’ultimo appuntamento del progetto Art Of alle Officine100db: una serata interamente dedicata al pensiero dell’ arte totale. Il programma espositivo, iniziato a febbraio 2011 , ha coinvolto quindici artisti emergenti, proponendo al pubblico visioni e realtà sempre nuove.

Così, l’ultima mostra dal titolo Experience vuole concludere con circolarità la ricerca che indaga approcci differenti della realtà contemporanea: l’arte performativa, l’installazione e il video diventano esperienza per l’uomo e per tutti coloro che parteciperanno.

Francesco Fossati presenta Untitled, 2008, film in loop, proiettato con la visione simultanea di 3 riprese montate in successione. L'editing del video, ridotto al minimo, riporta i tre tentativi di realizzare lo stesso video, cogliendo in questo modo la documentazione di una performance.

Arianna Tinulla, artista emergente eclettica, presenta l’opera realizzata ad hoc Here is the house / La valse des monstres. “Dall’estate scorsa sono passata all'installazione per rendere tangibile e interattivo il mio lavoro. Bere a carte scoperte al gioco della verità, togliersi i capelli a vicenda dalla giacca con un palloncino al polso.”
Perro Creatures, artista e performer in una continua ricerca di arte totale, espone matrici di disegni eseguiti nell'arco di 5-6 anni, in un progetto in divenire che fa del disegno e del bozzetto la base per un’esplorazione di un modo popolato da creature che prendono vita attraverso la performance.Durante la serata si esibiranno in live Double Feel, Duo Jazz nato nel 2011. Alla base un progetto dove possono confluire esperienze derivanti dal mondo jazz, pop e rock maturate in anni di studio e di esibizioni dal vivo in tutta Italia e all'estero.

Inoltre, si esibiranno attraverso improvvisazioni musicali la band Bancale, trio dedito a un blues sporcato di echi industriali, paesaggi post-apocalittici e spirito avant. Dopo l’uscita del primo disco Bancale ep (2009), pubblicano Frontiera allargando lo spettro sonoro del gruppo grazie anche alla produzione di Xabier Iriondo.

Art Of è curato da Sara Adobati e Stefania Scaccabarozzi.


EXPERIENCE

Opening 26 giugno h.18 -21

OFFICINE 100 DB
Via Provinciale, 112/B
Comenduno di Albino (BG)
Orari: da giovedì a domenica, ore 21.00 - 02.00
e su appuntamento.

Contatti:
ufficiostampa.artof@gmail.
com
sara.artof@gmail.com
stefania.artof
@gmail.com

Ecco, vi aspetto...

fuori depeche e dentro mostri. preparatevi ad ascoltare, guardare e disegnare ma soprattutto giocare.

(storti i mostri, stesi ad asciugare)

lunedì 30 maggio 2011

senza chiavi nella toppa

IL bordo delle orme di questo sogno all'aroma di carne bruciata,
il rumore delle forchette mentre scorri l'interno delle gambe
il rumore costruito del cotone liscio al salnitro orizzontale,
sommessamente interno durante l'occulto delle ore.

Se mi giro è solo un fazzoletto azzurro per pulirmi le labbra,
ma non mi serve, lo guardo, lo abbraccio questo affitto di gioia lungo un anno,
tre rampe di scale che valgono anni di attesa tutta sui gomiti
di rame cotto e sagomato,
di tende e virgole
di carta velina e attese.

La suola un poco smangiata, i post it senza frigo,
i mui con le proiezioni di disegni che sanno dalla nascita di precariato
sono ali di trilly sui sospiri,
le sveglie infami, le corse a caracollo che la sera c'è il sacco da portare giù.

che non sai chi sono i vicini e t'immagini la luce che gli illumina i piatti mentre scolano
perchè gli stai augurando la stessa scarna e onesta felicità che respiri
mentre ti vesti al volo
prima della prossima camminata verso la scrivania,
il treno, il biglietto
il giovedì tremante e pieno.

E il resto,
lo scotch di carta ripieno di peli
del mese prima,
dei contatti vecchi,
che non hanno perso la pelle,
la scorza,
la fame di dischi nuovi,
la brama di odore di inchiostro,
di ciabatte e abbonamenti in piscina.
Il pregustare il cloro che traghetta a nuovi pensieri
e magliette che stirate non lo saranno mai

ma pulite,
sempre.

martedì 12 aprile 2011

holy bible

Perchè ciò che ho molto temuto è venuto su di me; e ciò che mi spaventava mi è accaduto. Non vivo sereno, non sono tranquillo; non trovo pace poichè la tragedia incombe.

mercoledì 23 marzo 2011

pluriball

Come la sorpresa giusta nell'uovo pasquale
le soddisfazioni ai bisogni più reconditi arrivano sempre tardi.
Ed ecco, sul palcoscenico, alcune piume a terra.
Leggere e appiccicose di fumo e sudore rappreso.
Un liquido che spoglia dalla signorìa anche il tempo,
tutto quest'odio a 90 gradi, seguito da tutti i suoi multipli per te,
che non vali niente ormai,
tranne che come testimonianza ambulante che ho sbagliato
e di molto.

Nella migliore delle tradizioni ti auguro
il peggio,
dalla pipì di un brontosauro sulle stringhe
a che i tuoi cari ti vedano veramente bene per
il rifiuto che sei,
che solo l'alcol ogni tanto si degna di cancellarti dallo specchio
salvo poi lucidartelo e rendere tutto più evidente poche ore dopo.

Se fossi neve mi rifiuterei di sciogliermi su di te,
e tuttavia non è uno spreco di tempo parlarti
e allontanarti
perchè son proprio i tarli più pidocchiosi a far crollare
i capolavori dell'intaglio,
lasciandone volgare segatura
grossolana anche per rinfrescare un pavimento grezzo.

Solo ora sono sbocciati questi aculei trattenuti gelosamente nella cera,
saldi su piccole tavolette d'odio,
tenute strette in caso di una guerra che decisamente si aspettava nemici più degni
e non tanto meschini come ogni tuo bulbo.

Ti auguro, sempre per non tradire l'uso,
di soffrire, senza gloria,
come solo a te riesce bene.
Solo a te nel giro di trenta metri,
perchè la tua finitezza non è affatto rara,
e incontrarti sarebbe stato anche più facile avessi abbassato la
guardia altre volte.
Diversi occhi, diversa noia,
stesso senso di perdita, in tempo ed energia.

Perchè spero proprio che tu sanguini
e che non ti si rimargini nulla,
mai
che impari sul serio cosa significa
essere crivellati freddo, senza soffitti da fissare
per avere risposte;

che la tua ignoranza ti invada,
che ti accorga che il righello per misurarti,
nella sua pochezza
ha crudelmente ragione,
e subito dopo che veda che i decametri altrui
riposano tra gatti di polvere,
perchè non ci si gioca più.

Terra da non calpestare costellata di mine.
Mi ci hai fatto camminare senza nemmeno goderti lo spettacolo nè del mio culo
nè della mia sofferenza.

Perfino il tuo odore odio,
nemmeno il tuo sesso ricordo chiaramente
che poi hai fatto sempre da solo
chè nel tuo universo
uovo
ci stavi scomodo solo
e in due era anche peggio,
e in fondo ti piaceva.
come ricordarmi nonostante tutto sana
perchè zingarelli della personalità altrui
mi hai spalmato sopra tutto il tuo sapere ignorante
nei miei riguardi senza conoscere nemmeno
la mia marca preferita di sigarette.

Dovrebbero rilasciarti la carta d'identità nella sabbia,
sul bagnasciuga, per non riuscire a finire di scriverlo il tuo bellissimo nome
raramente indossato tanto male.

Ti sei sempre consolato guardando le mie cicatrici
e mettendomi dalla parte degli irrisolti, problematici,
promuovendomi così tra i più interessanti,
chiaramente senza volerlo,
troppo impegnato a starnazzare marrone sull'azzurro evidente
a tutti i non daltonici alla bellezza,
a chi ride senza far ghigni.

Sei stato il cellophane sul mio divano per mesi,
convinto di interpretare un manto d'ermellino
con cui in effetti hai in comune
epidermide e peli,
senza vita per giunta.

Quando la mia testa ha finito di ruzzolare
giù,
l'ho raccolta senza sbucciarmi le ginocchia
e mi ha rimproverato per il tempo perso senza collo
che nel frattempo si stava dando per vinto.

Ti augurerei ti si seccasse il sangue,
ti morisse in gola il fiato nel momento del sì,
che i tuoi spermatozoi siano refrattari agli ovuli
perchè meriti solo dolore vero,
non il timido inutile fiele che hai in corpo
buono forse per lucidare mobili
e levare lo smalto.

Perchè non esiste un lieto fine,
alla condanna che per te vorrei fosse eterna,
di non morire mai,
ucciso dalla consapevolezza di quel che sei
e che fortunatamente ho assaggiato solo nella parte migliore.

sabato 12 marzo 2011

Judith washed


...And they walked on the dirt
and they walked on the road
'till they came to the river
'till they came up close
throw your pain in the river
throw your pain in the river
leave your pain in the river
to be washed away slow
and we walked without words
and we walked with our lives
two silent birds circled by...
...and we followed the river
...like a pain in the river
like the way life scattered
to be washed away slow
The River-PJ Harvey

venerdì 11 marzo 2011

Aria di vetro


Tutte le parole che non scriverò mai,
che penserò solo
dentro un vetro canterino senz'aria
sono da te.
In mezzo alle cime della fatica
agli angoli ottusi della carne e dei nervi
non ho mai conosciuto dolore più gande,
nè cuore più nero,
uno specchio che non s'incresperà mai,
solo carta e setole secche.
Basta dormirci sopra
che tanto non se ne va
che non si consuma.
Sei fisso,
per qualche ragione intrecciata
mi attorcigli le dita
e non devo più stare attenta a muoverle.
Negli alveoli
i tuoi atomi non si distruggono.
La memoria dei sapori,
netta, semiprevedibile
impavida.
I piccoli so io come farli dormire tranquilli
in una schiavitù reciproca,
di chiodi arrugginiti.
Una sfida dopo l'altra,
mi saluti ancora dalla riva.
Nessuno dei due sarà mai solo
anche senza il cuore
anche se sarà in custodia ad altri
le nostre statue invisibili,
dal naso smangiato
ederatrasparente-
dividono acque territoriali e non
e chiudono maniglie.

giovedì 24 febbraio 2011

What else?


CANNAFUCILE, SOLO EXIBITION

@ENJOY ZONE, BERGAMO,
UBI BANCA CENTRALE (DI FRONTE A QUELLA D'ITALIA)

ORE 17 DI DOMANI

INAUGURA

CANNAFUCILE

...GRANDI BAMBINE GIOCANO

domenica 30 gennaio 2011

Let's have a recent memories

Proprio ora che riconosco la mia voce non mi fa alcun effetto.
Ho imparato guardando controvento a udirla, profonda, convettiva, solo per me.
le sue foglie alle spalle, parapendio di non udienza.
La sella è una cassa di risonanza spessa, sicuramente potente, soffocata e spinta,
e la stritolo tra le gambe in modo forte e barbaro,
sudata e fredda,
me ne taglio le ciglia.

Dimentico ancora la desinenza del mio nome
e non mi devo nemmeno più sforzare nel farlo,
non ho afferro,
forse mi pare ancora un certo affondo,
ho molti calci, ben assestanti e tante spalle
con poco spazio.
Una grande e norme testa
con capelli fissi senza punte.

Un riporto enorme e pieno d'immondizia,
pronto e tremante al vaglio della luce.
Non vuole persuadersi d'essere,
regiona identità solamente
nell'avere.

(quel che percepisco è ancora intersezione piatta, mai liscia)

E come posso sentire tutto?
Mi devo fermare?
Rallentare nuoce gravemente alla salute
di batteri e virus uniti in battaglia.
Contro la pulizia,
vivaci sostenitori al massimo del raschiamento.

(i lupi da dietro le porte non se ne vanno,
tanto meglio camminare e non aguzzare le orecchie)

Però tanto vale provare.
Scendo dal moto a luogo e sprofondo nello stato.

Inutilmente sorpresa dalle larve che non mi riconoscono.
Scie liquide, iridescenti, mollezze opaline, coriandoli di cose vecchie,
pesanti
e pericolose.

Non prendo la velocità giusta.
ecco il perchè. Risolvo con un annuncio,
proposte di scambio,
con ruote e metallo,
per poi procedere sola.
Una gamba per volta,
sempre infreddolita e frettolosa.

Anche di questo materiale è fatta la mia carne.