domenica 6 maggio 2012

Un albero grande e trasparente come il mondo sporco

Sospensione entropica di molecole su piatti volanti insospesi.

Alle armi con dei gerani mi spavento dei macropeli.

E' tutto nuovo tra le scaglie del riso che spalmo sul bordo del piatto.

La planata della novità.
Il guaio dell'intelletto vinto dall' esperienza non ancora solidale alle superfici dense.

Dei coriandoli eventualmente sopra la carta rilasciano aloni di colore.
E se perdo tutto
resta un fiocco leggero
l'esoscheletro di ciò che mi ha sfiancata.

Se sdraiando delle foglie di aloe non ho foderato nessuna parte del mio cervello,
nessun cassetto recondito nelle capillarità dell'impasto cartaceo,

posso tranquillamente dire di non aver soffocato nulla di importante
ma nemmeno di aver messo delle sequoie attorno che levassero l'aria e la luce.

Le ombre aiutano a giocare ma non fanno asciugare i panni.

A cavallo di ippocampi
nuvole ai piedi
ovatta in testa.

Le gocce si nebulizzano prima di arrivare al suolo
e sublimano la giugulare in una carota avvenente.

Ho tagliato le palpebre alle talpe,
hanno ruote oliate zampe e unghie
e cieli di triangoli e trapezi verdi.
Quadrifogli con l'ultimo pezzo a forma di cavolo - pecora.

Un lupo,
pelo di aghi,
appesi.

E' natale e non lo sapevo,
gli esseri appesi si parlano con gli odori.

Sali.

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