Ho odiato le complicazioni fin nelle
mutande e
mi allontano dai miei capelli per
poterne osservare la sezione con i tagli compagni delle unghie.
Ma dove sono le mie pile? Dove sono
dico io?
Devo averle messe nel primo cassetto e
poi al loro posto.
Impavide e scarse non la smettono di
agire nemmeno su minaccia.
A che cazzo ti servono delle pile non
intelligenti? A non ascoltarti
quando dici asperità incomprensibili!
Ecco a cosa servono bambina dei cardi nelle ginocchia.
Ma le vorrei togliere. Allora taccio,
tattica affinata amabilmente () per
anni, ma la polveriera si gonfia,
si avvicina pericolosamente al fuoco
che già corre verso di lei.
Zic, zac, una lama e un pezzo di legno,
una lisca di stoffa e...
bum. Senza suoni eh, sia chiaro, sia
ovvio.
Sbigottita che tutte le sue paure
sembrino e siano così reali.
Polverizzare...mi avevi promesso che
non l'avresti più fatto,
che ti eri stancata. A cosa puoi
credere se sei la prima a fallire,
a restare permeata dal muro e i suoi
sassi che metti tu,
perchè tu sei pericolosa, tu sei
maligna, tu sei ignorante,
impotente, artefice della disgregazione
di te.
Che non conti.
Niente.
Agli occhi, alle mani.
Non conti, non leggi, non scrivi,
non respiri. Ecco, fai il favore di
provare seriamente,
e dico seriamente, a fare questo. Esci
dal timore e
abbi il coraggio dell'incubo,
il brivido che conosci bene, che ti
annoia perfino.
La tua fiducia è stata tagliata,
le hai dato troppa importanza, non è
tutto cara.
Una grande parte, questo sì ma non
certo l'universo.
Uni – verso, uni – vero.
Sto parlando a un muro, con le finestre
e oltre le tende gialle c'è un altro
muro,
perché della potenza non sai cosa
fartene
che non sia un brutto e inestimabile
vestito,
pensato contro, liquido, malleabile,
sempre pronto e mai in letargo,
accoccolato alla luce di quaresima, di
incenso,
di ulivo secco.
La verità è che mi han rubato
l'ipotalamo,
l'ipofisi e le chiavi di casa e mi
hanno raccontato che era perché la sera
prima avevano scordato le scarpe con
le stringhe dentro la zuccheriera lì,
sul tavolo.
Io così mi sfogo signora,
in questo silenzio salato,
tu che sei cieca e io che ti fisso.
Le do fastidio signora? Le do
fastidio?
Mi scusi, ma consumo qualsiasi cosa
tocco,
anche il cono d'aria che emetto
corrode le mie stesse labbra.
Ho le zampe addormentate, prudono.
Le schiaccio ma non funziona. O sì
funziona.
Penso
Penso che la tua
gabbia sia infallibile.
Sia splendida e
sincera, bugie miraggio incluse,
che ti sbagli, sei
velenosa, un aspide retrattile,
dal centro della
mano,
si staglia
sforbicia a boomerang.
L'ipofisi te l'ho
rubata io,
quelli erano solo
ruote staccate dalla fine del carro.
Ho provato ma ho
fallito.
E adesso passami
una zampa che provo a schiacciartela un po'.