lunedì 30 aprile 2007

"something takes a part of me"-korn

Il nome non è mai casuale. Spesso è il contrario, spesso parte-da zero a no vanta circa-di noi.
Dice:"sagra della banalità". Eh, però si fanno ancora i discorsi, che a volte pare ancora suscitino discreto interesse, del tipo "ma ci hai proprio una faccia da simona, paola, giovanna,maria, non avrei mai detto che ti chiamavi così. Che strano, di solito io capisco subito la personalità delle persone umane". Al momento si rimane un po'basiti,poi ci si chiede perchè molti abbiano il vantaggio dello stordimento per natura senza sbattersi a cercare un pusher. Se si riesce a superare il momento del pugno contro il-la novello-a nostradamus allora poi si passa alla riflessione. spesso.
Ci si mette a pensare a come sarebbe stato chiamarsi "luca" anzichè "daniele"(tanto per cominciare staresti da un' altra parte della Bibbia). E invece no. E dopo tutte le Isabelle, i cambi all'anagrafe, le rimozioni dei tatuaggi dall' interno coscia-trend lanciato dai pets und vacche di todo elmundo-,le tag incomprensibili e/o ridicole che spesso infangano le pause rappresentate dai muri bianchi nelle città,ti trovi a fare i conti con dei grafemi che arrivano a morfarti anche ai tuoi occhi.
E se cambi la confettosa e funesta decisione di quei sadici dei tuoi genitori il tuo nuovo scelto e sentito nome resterà sempre e solo ..."d'arte". Perchè gli altri te lo ricorderanno a vita che quello "non è mica il tuo nome vero". Ci si plasma su di lui e si risponde a quelle poche lettere che sonon un po' il simulacro del pubblico che , volente o nolente,assiste alla nostra performance teatrale. Per questo con immensa gioia rispondo alle domande del tipo:"ma ti devo chiamare ******* o amanda?qual' è il tuo vero nome?" con:"La seconda". Perchè? Risponde Agrado dal fronte Almodovar: "Ognuna è tanto più autentica quanto più assomiglia all'idea che ha sognato di sè stessa", o qualcosa del genere, ma tanto l'è la sostansa che la conta no?
Detto ciò posso spiegare il perchè del nome del blog, non esente da tutte le riflessioni di cui sopra. Proustianamente (?) viene dall' infanzia. Tinulla ha un suo perchè, una sua identità, nel reale e nella mia piccola testa deficiente. Tanto tempo fa,in un orticello alle porte di città alta in quel di Bergamo cresceva una bimba, promettente paziente di un ottimo psichiatra. Senza fratellini e con i genitori sempre al lavoro la nostra si fece le ossa tra terra,fionde, galline e pastelli colorati forniti generosamente dai suoi nonni materni und bisnonna-2 guerre mondiali e nove figli, quellesì che erano donne. Un giorno,mentre vagava alla ricerca di qualche lumacotto da scioglier per osmosi con il sale grosso, il nonno la becca con l'elmetto da guerra appena trafugato dal sottoscala. Nella sua infinita adorazione per la nipote il signore non la gonfia come una zampogna di mazzate,bensì le inizia a raccontare l' ennesimo capitolo delle sue avventure greco-albanesi come se stessero nel sequel di "mediterraneo". Così salta fuori che per fame e sonno, al campo degli italiani si era stanziata anche questa bimba che si chiamava-giustamente-tinulla, campanula. Mio nonno le teneva via da mangiare di nascosto e le permetteva di stare lì con lui. La nascondeva nella tenda ma presto il nodo incontrò il rastrello. Dopo essere stato rimproverato dai suoi comilitoni di essere un puzzone piscialetto e ruba vettovaglie, la piccola ospite venne allo scoperto e divenne la mascotte della divisione, o come cavolosi dice.
Per tirare le somme, sono cresciuta con il mito di questa bimba, che ho visto sltanto impressa su delle foto ingiallite ormai di sessant'anni fa.Ovatta e organza tra la tela dura e resistente dei militari, gli elmetti,il cuoio,il caldo e le gavette. E l'idea che mio nonno l'abbia trattata come una sorellina più piccola, come una figlia, come me, mi ha sempre collegato a lei con un filo di seta bianco, puro, che attraversa tempo e spazio. Mi fa pensare che l' uomo può non avere limiti d'affetto, che può scegliere con chi avere quali rapporti e chiamarli come ritiene più opportuno.
Allora ho sempre creduto che io bambina sono stata tinulla, seduta sulle ginocchia di un giovane militare italiano nel Peloponneso, lontano da fratelli e "morosa",che si chiama così,che per me ha il suono della tenerezza in mezzo alla distruzione di una guerra.
Ora non più bambina sono amanda.E vorrei restasse.La sicurezza conoscienzadentruzdisè.Oppure al più presto vorrei trovare un nome che si evolva nel tempo, senza che scada ogni volta,più aderente del lattice,più fedele di un amico.E' possibile?O vado troppo veloce?

2 commenti:

Gert_dal_pozzo ha detto...

Ricambioti volentieri il favore. Vengo recando sguardi curiosi presso di te nella tua entità letterario-informatica.

Sui nomi: ho sempre quella sensazione che "Amanda" indichi un imperativo esterno, rivolto ad altri, più o meno degni, più o meno accorti, più o meno resistenti, coraggiosi, sicuri. Ho idea che quell'imperativo non riesca a far breccia verso l'interno, dove forse potrebbe accendere un piccolo fuoco da campo, portare un pò di rancio caldo e una coperta di lana per la sera a "Tinulla" che trema e non sa smettere perchè i suoi mostri se li porta sempre dentro, sempre con se.

Ma magari sbaglio. Ho detto anche io tanto su parole e nomi, che chiariscono le idee, le quali ordinano il mondo, ma il rapporto tra gli uni e le altre bisogna curarsi che non si smarrisca, che non si confonda e si complichi, che non si dimentichi, perchè, già le risposte che danno sono necessarie approssimazioni, non ci si prendesse queste cure diventerebbero solo crudeli illusioni ed inganni.

Arianna ha detto...

pUTTANA EVA!Bruno mi sgami sepre! Cheddire, i mostri s' innaffiano sempre con cura, come virus che senza di te-poveri.-non sanno come tirare a campare. Cioè, di te non gklienefrega una beneamata fava ma si servono dei tuoi bulbi piliferi per icancrenirti l'esistenza e devastarti la linfa vitale. Quale compagnia peggiore? Attratti da quanto l' identità rosea possa essere ingannevole ci si lascia trascinare da quello che è deliberatamente grigio. Quel colore desaturato chce lascia il retrogusto amaro ai sogni parigini di lievità e bordeaux. Il languore aldilà delle ante di un armadio decadente con me funziona come la carta appiccicosa per le mosche...pernicioso invito alla cattura. Delizioso nel suo suggere la lucidità. I dolci che fanno dimagrire. Segreti di gabbia.


Grazie per essere sempre on air