lunedì 16 agosto 2010

Cosa ti scrivo

Niente,
voglio solamente sentire, non ascoltare,
la tua voce che mi racconta
e gracchia dall'altro capo dell' etere.

Ti posso vedere mentre lascio in caduta libera le palpebre
perchè non mi va di aprirle
ma per pigrizia,
non per desolazione.

E mi descrivi i vestiti,
il campo,
il tempo,
le città appena viste,
mentre non mollo il mio naufragio
forte della poppa alle mie spalle,
l'uscio coperto alla mia schiena,
e delle gambe nude sul marmo,
prua distesa senza ritegno.

Non mi importa,
non mi frega se sono menzogne le tue,
mi serve solo la tua voce,
per ricordarmi che sei vivo,
che ti muovi,
le tue unghie,
i tuoi capelli,
vividi nella stanza dove
ormai non riesco più a riposare.

Strabuzzo gli occhi mentre non smetti con le tue
frasi,
lievemente più lente
del solito.
Si spalmano sul recto della
fetta biscottata che mi decolla tra le mani,
e mi prometti che ci vedremo,
presto, tra meno di dieci giorni, forse
presto
ma forse.

Non ho il tempo di mettere i bigodini al fondo dei capelli che mi stai già dando
dei numeri,
una roulette per me.

Non capisco più nulla
nelle mie tre ore di sonno
che mi sono apparse come tre brevi secoli
e che mi fanno abbinarti a dei vestiti,
qualcosa che metterò,
di vago,
stoffe che ho appena stirato
per sfilare forse in una stazione
che da porta sul resto
è rimasta solo un pedalò sullo sporco
di una città bellissima e bigotta,
in cui il l' incedere rende
gondole bucate
con rostri sul fronte.

Non so che ore siano,
cade nel fiato sprecato
la tua richiesta,
io ti sento,
ripeto,
ma non ti ascolto,
sono tutta immagini
e senza distintivo
e inizio a contare.

Lo stavo già facendo,
ma non dirlo a nessuno
quello che ti ho taciuto...

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