Dentro una pancia di una balena è cresciuta una bambina con le orecchie da cavallo e le antenne da giraffa. Conosce solo il buio, il morbido e l'acqua. e' cieca come un'uomo senza occhiali, senza corrimano delle scale di casa. Non è piccola ma sta raggomitolata.Le sue gambe formano una G dando ginocchiate al naso. Sente solo la musica dalle cannette alle orecchie, bianche, lunghe, flessibili. I vestiti sono la sua cartapesta. Le sue mani non hanno mai creato nulla. Il velo intonso sui suoi bulbi le ha conservato i lsuo mondo in placenta.
La tengo d'occhio da anni. Sono molto invidiosa della sua coda, della sua onniscente ignoranza. Dei suoi piedi atrofizzati in un paese soffice, madido senza prospettive, solo con la gravità.
Pochi mesi fa ho comprato un fucile, da un amico. L' ho tastato per bene, prima ancora l'ho osservato a lungo... appeso ammiccante dietro all'amico e al bancone. Da dentro la mia camicia di flanella con la coda dell'occhio ammiccavo.
Poi gli ho raccontato se poteva perforare le ossa di una balena. Lui mi ha detto che certo! Anzi, era perfino esagerato. Dopodichè mi ha dato alcune raccomandazioni sul rinculo e sulla cura che avrei dovuto tenere nel lucidarlo.
Ho dormito con gli occhi aperti su una coperta verde per 4 giorni, contando dal momento in cui ho smesso di parlare con il mio amico.
Ho preso la barca. C'era un sacco di nebbia. L'acqua era piatta. Si sentiva respirare la balena da lontano.
Le sono arrivato vicino, facendo le pale con le mani nell'acqua.
Ha fatto la scontrosa ma stava quieta.
Sapeva che avevo un fucile.
Sapeva di intorpidimento, di troppa stanchezza per avere paura, anche di me.
Dal mirino scorgevo la bambina, era appena sveglia.
Ho detto bùm.
Da lì mi ricordo solo una distesa rossa, il freddo e l'ovatta nelle orecchie.
Domenica sera ho ascoltato degli occhiali parlare immobili e indemoniati su una testa rotante e indefessa dell'assurdità della vita, del suo palesarsi pratico sulla distesa infinita della pianura padana. La follia. Che argomento affascinante. E crudele. Soprattutto senza contegno, senza regole. Apparentemente senza fine.
A me la follia ha fatto male. Ha tolto molte parole, me ne sono fatta privare rivestendo il ruolo di involontaria assistente di fumatore ignavo e passivo. Anche sessualmente, nei confronti della gioia.
costantemente in pseudoapnea.
E adesso se chiudo gli occhi gli unici pesci che vedo fluttuare sono di carta, di poesie che non posso aprire.
Non posso più, per chissà quale logica, un aneurisma gelato, un senso che non rispetto se non quando metto un pilota automatico talmente la ratio non appartiene più ai frammenti di novembre che non se ne leva.
Stamane osservavo la brina sospesa. Sospesa in un limbo, stretto attorno all'albero di natale finto, emblema perfettamente prevedibile nel suo disordine di accadimenti, come le pieghe della carta di caramelle che stazionano precarie sul fondo della borsa dell'anno scorso.
A me ora ispira solo crudezza questa casualità, interiora nel cellophane da 4 e 90 al kilo. Probabilmente di un colore diverso dal neomorto che garantisce una sorta di commestibilità.
Dopo fatiche e sbrodolamenti di pertugi anali la sorprendenza altalenantemente felice dell'esistenza annoia. Forse sono solo presuntuosa nel credere di potermi permettere di sonnecchiare conoscendo la sinusoide dell'umore degli eventi.
La miopia non mi ha salvato.
L mia pelle ci vede benissimo e piange violenta come un neonato.
Un criceto, con la coda di uno scarafaggio e il pensiero di una formica. Mi agito solo per scadare il letto.
Allora, qesta è la dottoressa Cianciulli, aka la Saponificatrice di Correggio, celeberrima serial killer nostrana, efferata produttrice di sapone grazie ai generosi corpi delle sue vittime.
Questa è in negativo...
se volete vederla in positivo date un occhiata a quello che fanno qui.
D'altra parte quello che ho appena fatto mi ha fatto stare meglio.Ma senza iene.
Lo aspettavo da tanto.
L'ho immaginato tante volte.
Sotto la tettoia dei miei nonni.Con la luna che fa
ombra, e solo il gatto che sa.Ma non gli interessa sapere.
Fa un giro e trova più interessante la notte di noi due.
L'ho baciato io
questo misto di pelle e
ricordi
e profumo buonissimo.
Mi illudo che per un attimo niente sia d'avanzo.
E' vero.
Ti amo davvero, ti amo lo giuro.
Ma chi lo sa poi.
E ti guardo senza sospetto.
E ci consoliamo,e ci aiutiamo a vicenda.
E' bello stare qui.A parlare piano.
E tu hai il foulard di mia nonna sulle spalle.
E io crollo,come una torta a tanti piani.
Perchè tu conosci la mia immaginazione.I miei peli.Le mie viste.
Anche quelle dalle prospettive cieche.
Non mi devo spiegare.
Guardo i tuoi occhi e i loro abissi.Stupendi.Freddi a volte.Capaci di fiammate. Ti avrei baciato per ore rimbalzando fra talloni e alluci sulla cornice di carne esteta della tua aria.
Invece ho dormito di onice calda. E il mattino vuoto, con le briciole del giorno prima mi ha lasciato perplessa:senza nemmeno il tempo per bere il tè.caldo.
Un cassetto della scrivani fatta di faggio di me stessa è stato aperto.E ora conosco lo spazio.L'ho imparato mangiando la carta colorata e unta di diperazionevolendo unicamente stare solae sapere che era evocativo di un sadismo privo di fascino.
Senza stima. Tiranno di tempo e fatica.
Ma tutto questo Alice non lo sa.Ignora che io conosco lo stregatto che spesso mi ospita sui suoi rami,sulla sua coperta a righe.
Ma soprattutto,dove cazzo sei adesso.Voglio alzarmi con te.
Confusa come sono.
Amata, impossibile per quello che ho in mente,ma soprattutto per quello che ho in mano.
Spero che gli odori non esistano più Talmente detesto i denti dell’olfatto che mi mordono i peli del naso.
Non mi importa dove, basta che questo sia il posto in cui non esistono dato che la mia casa è qui.
I cassetti si sono dimessi da autostrade delle impronte E dove sei adesso non hai più mani per niente.
Hai perso la forma, il colore. Mi resta solo la memoria detestata di un alone. Una nube di aria di neve marcescente di sale, una fonte di stagno.
Cammino e cancello i nomi, le finestre, le posizioni dei baffi del fioraio. Poto i vasi, ci metto piramidi di sabbia al posto delle foglie, dei sottobicchieri dell’autunno.
Dreno la vista dalle nubi, colo il grigio, risparmi sulla luce dei sorrisi. Proteggo la gioia dalle uscite incoraggianti e inaspettate.
Arrivo davanti al portone a memoria, nonostante la cecità emotiva. Mi spoglio quanto basta per liberare le mani e mostrarne i legami al resto. Impugno tutta la forza che posso e respiro. Inspiro con violenza e rilascio con esasperante flemma: incendio tutta l’aria attorno a me. La porta, le nappe delle tende, il manico del tagliacarte accanto al telefono. La maniglia della porta e le lettere mai imbustate. Scavo un cerchio di fuoco. Mi siedo a terra e leggo.
Finalmente una storia eccellentemente entusiasmante. Reale forse.
La appoggio e non la apro. “Voglio essere un pesce con le ali” mi dice l’ultimo geranio superstite dopo il mio ritorno a casa fiammante e al contempo devastantemente rispettoso del silenzio. “Anch’io penso” E trovo il coraggio di rispondergli:gli offro da bere intanto e attendo l’incantesimo.
Detto questo chiudo gli occhi dopo essermi seduta In un posto dentro casa nuovo, uno spazio libero. Più in alto di te. Almeno…dal pavimento.
Inutile dire che la sottoscritta è very felice dell'accaduta adozione.
Detto ciò consiglio vivamente- e ormai con la massima certezza di godersela da soli la città. Nel senso di senza guida e senza meta. Seguendo il leggendario istinto femminil (etilico) io e la mia fedelissima abbiamo scovato bar, case, esposizioni, negozi di scarpe, modernariato, gallerie, rigattieri, stivali di qualsiasi materiale e foggia, radio, house project, kebabbari custodi di giacche e segreti, il tutto attraversando la metropoli ex muro con la massima calma, a cavallo della filosofia più ancestrale- e napoletana- dell'uomo: perchè sbattersi a coltivare? raccolgo! E che meloni oserei dire!
In ogni caso in tutto questo bendiddio di godimento il momento topico di annunciatissima depressione c'è stato, e con quale virulenza.
Palazzo della Repubblica.
Palast der Republik.
La risposta pubblica e in scala reale al Fujiama
di hotel.
Raso al suolo.
Il trionfo del decostruttivismo.
Una lebbra lenta che ha lasciato spazio solo al verde. Un bel praticello con tanti cari ecologisti e mammine coi pargoli se la spassano sull'erbetta all'ombra della torre tv più bella del mondo. Ignorare il passato del manto erboso dove deretani gitaroli si posano. Scusate ma in preda ad un attacco islamico blasfemico e nostalgico sono stata male. Mi sono messa a pregare in ginocchio.Per me era come la mecca per un musulmano, il baluardo del decadentismo DDR.
Cioè, no ma no e basta. Non era da fare. Ci sono arrivata davanti come se a un concerto durante l'ultimo pezzo fossi andata urgentemente a salutare le toilets, torno e..la gente brulica via dal formicaio di sudore.
Per riavermi da tutto questo ovviamente lucky strike&cygarettes&beer perchè le suddette permettono di necessitare frequent(issi)mamente dei bagni che, come già prima celebravo,
costringono alle proverbiali soste forzate che aprono , oltre a prospettive inaspettate, anche e soprattutto nuovi rotoli di poesia cartacea e numeri di telefono, richiesti o meno .
Per finire un ultimo racall polemico, unico , grande a tutti: go-de-te-vi-ber-li-no così com'è. no ristorantini da gino, no showroom gucci et similia, american apparel mood NONOOOOO. no "ma lì non ci andare è troppo turistico fa cagare tanto ti annoi" NO, cazzo. NO per forza solo zone schopping, oppure per i prodi super fashionindie only kreutzberg
le sue strade fighissime ancora illibate da parecchio dell'indegno volgo col suo ciarpame, oppure gli italiani che si fingono stranieri (pessimi, e bestemmiate pure in siciliano perdio!abbiate coraggio di voi e dei vostri cromosomi!).
Please, reset yourself,
nein fighète el ccentro, il mondo non vi ruota attorno e non frega un cazzo a nessuno se siete la fotocopia di una facciata di PIG: vi avranno visto da qualche parte...?in edicola credo.
Miei cari, oltre a ringraziarvi per l'interesse e l'affluenza nei confronti delle carni pastose e violente dei miei lottatori di Carne_ade oltre ad augurarvi un ottimo X agosto, prima di partire per Berlino vi lascio un post it che mi riguarda sul frigo pieno di birre e anguria. Più o meno recita così:
Lente le ombre e gli odori consapevoli si muovono nel quadrato al centro dello spettacolo, nel fermento dell'attesa. Due corpi concentrati sull’enfasi empatica nell’estasi dell'odore di carne.
Un piede, le mani al fianco, affondano a terra.
Un tempo di pieghe di pelle che accoglie e carica i gesti e gli sguardi densi Avvolge tutti. I capelli di cera restano tesi prima del contatto.
Silenzio. Religioso quello del rito.
Minime tensioni massime nell’imminente risonanza di forza e scontro.
Attimi eterni prima del big ben degli attriti.
L'universo attende rispettoso dall'intorno.
Poi caviglie oberate piedi cosce orecchie gravitanti attorno a globi di apparente staticità si scagliano in faide leggiadre nel loro incedere inizialmente anchilosato. Le parabole spiazzanti dei voli di polpacci dei gesti calibrati sull’avversario conosciuto studiato dalle ossa in fuori. La cerimonia di un mondo lontano dall’iperuranio. Reale, di carne obbediente a gravità e volontà di potenza. L'imponenza degna solo del concernente alla terra. Al peso dell'esistenza magistralmente gestito.
Ti conosco corpo Tu, di fronte allo specchio vivo che vedo. Conosco i tuoi lividi interiori le tue debolezze i tuoi dervisci nervosi che si stemperano in sinapsi di sangue. Fili che lasciano illibato questo cono di spazio dall’ignoranza Dalla brama di riempirsi di avere senza metabolizzare, che si priva della potenza per raggiungerne fallacemente l’apice.
Lo spazio di scena delimitato dalla luce cruda non sempre contiene tutto ciò che accade. Il buio si illumina di scintille scaturite dalla lotta che roteando spezza e armonizza.
Ritardi carnefici delle ossa che alla zavorra della vita possono solo obbedire come esempi irrorati di ossigeno. L’impatto è caldo, urla, graffia, spinge le articolazioni e le interiora e frammenta il respiro. Scompostamente a terra.
Ti sospendo, dal giudizio. Ti perdono. Mi hai battuto. Mostrato una nuova prospettiva, dal basso. Insegnato come cadere al tappeto come se di carne non ne avessi, e possedessi solo l’inferno di una falsa ragione meccanica incapace di argomentare gli organi e di avere orgasmi. Le arterie razziste non lo permettevano. Ho imparato a perdere, sono pronta a respirare, senza la coltre di estraneità da me stessa. Pronta a combattere un’altra volta. Immersa dal silenzio della folla che proiettavo dentro, per riempire al pelle vuota. Ti lascio continuare a camminare verso un altro incontro specchio, quando ti sarai rialzato da terra."
Il resto lo troverete nel catalogo e/o @the Polaresco
Dorme sul fianco. Una virgola di carne e respiro. Ora.
Il sorriso nella penombra della luce che crivella dolcemente il soffitto. Ti sei addormentato così.
Ieri.
Io già sognavo, e sognavo questo.
Già.
Proprio questo.
Non ci sono numeri, nè prima o dopo. Solo ora.
E quello che dico e penso mi fa una tale meravigliosa paura che sembra quasi finta.
Tu no.
Mi sento gli occhi più grandi di diverse taglie, ma sempre dello stesso colore. Magari leggermente tendenti al verde toh.
Ma è solo per farci stare la macchina fotografica.
Mi inventerò un carattere nuovo per scriverti.
Donami una vacanza di pietra senza memoria concreta che ancora mi sento le dita fondersi nella tua fica mentre ti rubo energia poi tu ti rubi la mia donami una vacanza di pietra senza memoria concreta senza tragedie o rumore che niente si possa svegliare
In realtà ci tenevo a sottolineare che il 17 luglio, presso lo spazio X Lab - Corrosive Art Farm (Paola Verde &C.) a Berlino ci sarà l'inaugurazione dello spazio e di una collettiva a cui parteciperà Discordant, l'artista
Cammino lungo.Segno, è questo il tatuaggio che ho da sempre e che fortuntamente non ho mai avuto tempo né mezzi per fare, avrei completato un copia incolla.
Lungo una linea prussia, che sinuosa si muove nell' aria, ai bordi e dentro la città della mia vita non sghimbescia.Un' assonometria narrativa prigioniera dell’estetica e non ricercatrice, incapace di essere prospettivaper natura e una scelta, poco recondita e subdola. Questa linea non è ancora calcificata e solo ora, bianca sulla pelle, su un asfalto che la evidenzia di blumi vedo nera, definita in tutte le sfumature. Calpesto bottiglie, lattine, immondizia e scontrini. Altri segmenti, spezzati, onde quadre di auto che passano,interrompono. Complice del frullatore di percorsi attraverso la strada Come un pennello i miei piedi punta di piume strisciano le zebre. Sopra di me le carreggiate. Solo adesso, capisco di non avere avuto altre epifanie. La diagnosi è: aborti spontanei e quasi sempre ben accetti.Il segreto era solo l' attesa della condensa. La capacità di aspettare che tutti i punti confluissero, si accordassero con l'entropia,cavalli non sellati del palio.
Non ho aspettato di sapere cavalcare a pelo,tutta presa dall'ansia di comunicare concetti che nemmeno io afferravo nell' interezza di una criniera perchè tendevo sempre all'infinito anche se rimanevo sotto la neve finta di una bolla sul mio calesse nel maneggio circolare. Senza inizio, senza fine, in una calotta di plexigals,condomina di sfere di poliestere.
Poi credo che una bambina attirata dai souvenir abbia agitato tutto lo stabile trasparente. O forse la palazzina è solo caduta da qualche tasca e un maremoto violento e piccolo come una biglia ha messo nel frullatore le tegole del tetto, riducendo tutto il microcosmo in macerie.Un cataclisma silenzioso e profondo. La curiosità di vedere quante superfici avrei potuto imprimere con delle graffette di desideri realizzati che legassero, senza organizzare ma che mi rendessero un poco meno ansiosa e felice. Un po' almeno.Ma mai abbastanza. E arrivare allo zen necessario per dedicarmi solo alla pressione per le setole, il loro fruscio che di getto avvolge la carta e i muri e dice.
Un po'.
Di me
Se chiudo gli occhi e mi siedo su tutti i piccoli cocci della mia vecchia boccia sento del latte lungo le gambe, nè veloce nè lento tuttavia incontrollabile. Che non ha più nessuna intenzione di ricordare da dove viene. Vuole solo scorrere, uscire, percorrere, ben conscio di non essere vergine. E' lui a ricordarmi che non so più che faccia hai. Che ora che cammino sola sei diventato un effige cubista ma senza spigoli.
Le intersezioni si sovrappongono, il compasso descrive dei nasi che lambiscono delle orecchie ma non ne conosco bene i segmenti di cromosoma. Dei lobi bagnati ancheggiano lievi su delle pieghe del collo che riconosco ma che non hanno nomese non più sigle. E forse un cruciverba di questo potrebbe essere l'enigmista per compilare la mia carta d'identità. Un documento che affiderei alle onde dentro ad una bottiglia, l'anagrafe accidentale che mi ha notato inciampandoci a vicenda. E spererei all'istante nel tradimento del tappo, nel rimescolarsi delle lettere, per fondersi in qualcosa di nuovo, sempre fresco e turgido. Anche inquinante,ma solo in parte.
Su questa onda i pensieri si affastellano, sono punti di una parabola che finge di non conoscere i propri fuochi,perchè crede che voi perimetri le manchiate ma teme la ciclicità fedele di una sinusoide. Sono dei gemelli, apogei e ipogei che non hanno mai i palmi delle mani coincidenti quando si giungono e allora vagano, per non diventare speculari. Iniziano dalle punte e si diramano come radici. Diventano una pianta acquatica, una medusa di legno che s'inventa un alfabeto. Non è dolce per un cazzo naufragare, nè in questo mare nè nell'oceano, ma ne ho bisogno, e non occorrono paragoni per afferarlo.
Un doveroso Grazie. Dopo il MIAMI. Nella più tradizionale tradizione cultu_ale. A tutti quelli che hanno accarezzato i denti di pesce e se li sono messi in tasca, tra le mani o spillati sul petto. (E che si sono comprati il mio nuovo Aperitif: a fake perfect life drawn by an imperfect blu ). E soprattutto a quelli con cui abbiamo barattato cose, attimi, esperienze. Luci, vino, vettovaglie, cocktailss e quant'altro.
E un pensiero va alla delegazione torinese presenza imprescindibile e fissa della nostra dentiera marina.
Tra l'altro, giusto oggi apro rumore e ci trovo un bell' articolone espanso dal titolo "Torino 2009", incentrato sulla regia città sabauda e sulla scena cantautoriale che gorgoglia sull' humus di San Salvario. Con orgoglio mi sento parte interessata alla cosa, date le mie frequenti scorribande in loco, o giù di lì. Infatti è grazie a questa elegante città (e se lo dice anche mio nonno non oso modestie accessorie verso le mie opinioni) che ho trovato il luogo adatto per riposarmi dalla Lombardia e appurare la mia passione per il disegno murale. Ciò a parte, la cosa importante è che in una fase viziata da una pioggia battente di accuse contro le città italiane, minate da una gigante nuvola di Fantozzi, Torino sopravvive grazie a creatività e spessore, perfino a detta dei Torinesi stessi: dall' indigeno di mirafiori al fighetto del quadrilatero.
Da ex inquilina di Milano, che per quasi tutti è morta (io la trovo solo un paese con la metropolitana bello e crudele, con sindaci D&G), confermo che l'ombelico del Piemonte merita, e soprattutto, come ricorda la testata musicale di cui sopra, è una città dove ci sarà anche il grigio ma cazzo, la primavera te la becchi amplificata poi. Tipo, uscire a bere praticamente gratis, trovare abbastanza lavoro, casa a relativamente poco, il mercato tutti i giorni, i concerti, il Po... le persone con cui parlare, e senza essere in ferie.
Sarà che a Torino ho un' amica eccezionale, che c'è una session costante tra vari soggetti a me cari dalle provenienze più disparate, che c'è Superga e mi sento libera. Che le case sono lunghe e sgarrupate come me, che ci vado sempre con i migliori sentimenti e ci dormo da dio.
Che ho una persona che mi porta in giro di notte parlando a peste e corna del Toro e che mi fa fare lo pseudo r'n'r acrobatico terrorizzando i vicini; che sfotto i francesi ubriaca al tavolo che poi stanno con noi, e che il freddo non mi da fastidio, che io la amo 'sta signora distesa e incoronata dalle cime.
E ci tenevo a dirlo, che c'è spazio, anche qui. Certo, anch'io le ferie le farò a Berlino, che è figa, che la musica, l'arte ecc Ma a me sto minestrone etnico gettata della Mole me gusta.
E se va bene a me, buon gianduja a tutte le facce di merda che ne parlano male, o troppo bene.
Cioè, mica si può fare così. Eh, non vale, no che non vale.Che mi guardi dall’altro lato del tavolo, con il francobollo in mano, che mi ammicchi, mentre parli con l’ennesimo avventore PT che si lamenta allo sportello dei tagli alle pensioni, mentre il mio walkman ha deciso di stringersi ai miei due lobi improvvisando un lentaccio.Mentre mi guardi. Eh no, non può andare avanti che io cambio posto, ora e colore e tu ti muovi tra gli scaffali a quel modoe inciampiamo nei sacchetti canarino trasparente dell’ esselunga.Non si fa, non ti infili davanti a me in coda al pane quando hai un profumo più buono del suo.Con la giacca appoggiata sulla spalla indichi l’etto di affettato che vuoi e lo fai talmente bene che mentre sorridi perfino gli steli piliferi della tua barba ubbidiscono alla tua pelle. /No, non vale.Mosse assolutamente scorrette, proprio quando ero fiera di aver imparato abbastanza bene a mentire.Che ad imperare siano i nuovi dettami del decoroso distacco, perbacco! Invece tu pisci fuori dal vasino e mi centri,ogni volta. Che se mi sfiori è perché siamo aderenti sul tram, che è stretto e non si può fare altrimenti.Fingendo di ignorarci, e cercando di obliterare pensando che quasi quasi altrimenti si potrebbe anche fare./ E soprattutto non piove. E non posso dare la colpa nemmeno al tempo, al governo ladro, nemmeno a Tom Waitsper la mia ebbrezza semi molesta. Neppure alle gambe della cameriera sporta al bancone, troppo tornite e sfacciate nella loro coscienza di sé, che distolgono ragazzi, cugini e cani dalle loro conversazioni. Discorsi da cervello volutamente in libera uscita, alla periferia dell’intelligenza. Non sono certo loro ad aver cosparso il mio microcosmo di specchi che appoggiano sulla pelle il freddo delle loro cornee vitree e scrutano col periscopio che ghigna sornione. Non è nessuno dei loro occhietti a penetrare ogni camicia a righe e a trovartici, in tutte le pieghe sopra i risvolti, corone dei gomiti calorosi in primavera. E pensare che sono stata attenta a non mangiare troppi baci perugina, cazzo. A non abusarne, a evitare di usare font da cioccolatino. Beh, se è così ti stenderò su un letto di lattuga, ti libererò dalle lumache che forano il tuo epitelio superficialeE in mancanza di pomodori mi affetterò liberandomi dell’acqua in eccesso. Ci possiamo mischiare,un po’ d‘olio, d’aceto, sale, origano.E, uber alles, di pepe. Nero. Anche se sei lontano, le pentole continuano a viziare la cucina nelle mie narici con un aroma delizioso, l’aria profumata fa sempre bene.
Chiudo il rubinetto. Ho le mani secche. La pelle è arida e pesante, sono scaglie di tombino. Tra gli incavi delle dita, tra le macerie del cavolo che ho appena affettato. Per te e le tue sigarette che non arriveranno mai. Ma non fa piangere il cavolo, m’inventerò qualcos’altro. I pesci di das sono quasi asciutti e il gatto li ignora, come si fa con i bocconcini madidi di umidità, lasciati in una piccola ciotola. Si è stufato di recitare la sua parte da animale e reclama la sua dignità umana, mi dà lezioni di quello che non faccio.
Prego. Crauti, Trofie al pesto e patate.
Bicchieri smeraldo, freddi e lisci serpenti, verticali, nelle mani. Oggi mezzi vuoti, come spesso, a quest’ora infinita che sono i pranzi con te.
E per fortuna che non c’è il sole oggi, ingiallirebbe i lenzuoli a stendere: di un candore sterile testimone della verginità dell’uno nei confronti dell’altra. Sei distante, sopra la montagna di ragù, su una montagna di spaghetti, sotto un mare d’aria. Un sugo senza occhi, di sicuro migliori dei miei. Sei lontano più dei pesci nella vaschetta, palloncini di organi in sospensione in acqua. Senza peli, liberi dall’attrito che cerca di dissuadere le tue mani dal cercarmi. La sera, vicino al cuscino Che sa dell’assenza dei biscotti, del caldo del latte. Ma solo per poche ore.
“Passami il sale”, ma passamelo vicino, sotto gli occhi, dentro i lembi della ferita.
Tra l’organza delle tende del baldacchino, dei sogni dell’infanzia alla cipria che mia nonna voleva per me.
Sei muto. Due muti nell’acquario, due mammiferi marini in aria distillata. Le tue sillabe restano appese ai fili colati dal soffitto nei piatti, come le tende di bachelite, su distese polverose di mattonelle da casa del mare. Mi proteggeranno dalle insidie della fertilizzazione dell’orchidea che cresce dal basso delle mie caviglie. E’ un dolore, sempre più flebile, più diluito, che perde la sostanza … Due andicappati vocali e tattili, seduti allo stesso tavolo. Il nostro convivio si dava le arie di unica eccezione alla regola d’oro dell’imperfezione. E invece una macchia è caduta dal ghigno della realtà ineluttabile, come una tegola, e l’ho vista come una bambina che guarda il sole precipitare. L’ho sentita come merda di piccione. Come se mi avessi dato una testata.
E invece non ti muovi, meccanico, una forchettata dopo l’altra. Alzi il naso, scrolli i baffi,
Sollevi le sopracciglia, e prima di vederti riprendere il tuo monologo con la fondina alzo occhi e sedia, preambolo dei tacchi, le cornee all’indietro, e i miei capelli descrivono la parabola che seguiranno le braccia, che si levano dalla tovaglia, che vanno alla bocca… starnutisco.
dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore orba di tanto spiro, 5 così percossa, attonita la terra al nunzio sta, muta pensando all'ultima
ora dell'uom fatale; né sa quando una simile 10 orma di pie' mortale la sua cruenta polvere a calpestar verrà. Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque; 15 quando, con vece assidua, cadde, risorse e giacque, di mille voci al sònito mista la sua non ha: vergin di servo encomio
20 e di codardo oltraggio, sorge or commosso al sùbito sparir di tanto raggio; e scioglie all'urna un cantico che forse non morrà. 25 Dall'Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno, di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno; scoppiò da Scilla al Tanai, 30 dall'uno all'altro mar. Fu vera gloria? Ai posteri
l'ardua sentenza: nui chiniam la fronte al Massimo Fattor, che volle in lui 35 del creator suo spirito più vasta orma stampar. La procellosa e trepida
gioia d'un gran disegno, l'ansia d'un cor che indocile 40 serve, pensando al regno; e il giunge, e tiene un premio ch'era follia sperar; tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio, 45 la fuga e la vittoria, la reggia e il tristo esiglio; due volte nella polvere, due volte sull'altar. Ei si nomò: due secoli,
50 l'un contro l'altro armato, sommessi a lui si volsero, come aspettando il fato; ei fe' silenzio, ed arbitro s'assise in mezzo a lor. 55 E sparve, e i dì nell'ozio
chiuse in sì breve sponda, segno d'immensa invidia e di pietà profonda, d'inestinguibil odio 60 e d'indomato amor. Come sul capo al naufrago
l'onda s'avvolve e pesa, l'onda su cui del misero, alta pur dianzi e tesa, 65 scorrea la vista a scernere prode remote invan; tal su quell'alma il cumulo
delle memorie scese. Oh quante volte ai posteri 70 narrar se stesso imprese, e sull'eterne pagine cadde la stanca man! Oh quante volte, al tacito
morir d'un giorno inerte, 75 chinati i rai fulminei, le braccia al sen conserte, stette, e dei dì che furono l'assalse il sovvenir! E ripensò le mobili
80 tende, e i percossi valli, e il lampo de' manipoli, e l'onda dei cavalli, e il concitato imperio e il celere ubbidir. 85 Ahi! forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo, e disperò; ma valida venne una man dal cielo, e in più spirabil aere 90 pietosa il trasportò; e l'avvïò, pei floridi
sentier della speranza, ai campi eterni, al premio che i desideri avanza, 95 dov'è silenzio e tenebre la gloria che passò. Bella Immortal! benefica
Fede ai trïonfi avvezza! Scrivi ancor questo, allegrati; 100 ché più superba altezza al disonor del Gòlgota giammai non si chinò. Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola: 105 il Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola, sulla deserta coltrice accanto a lui posò.
L'anarchia è il primo gradino del potere assoluto. Napoleone Le rivoluzioni sono paragonabili ai letami: i più ributtanti promuovono la crescita dei più bei vegetali. Napoleone L'immaginazione governa il mondo. Napoleone
Mi sono illusa, e non ci sono parole per dire quanto, che la felicità mi riguardasse nella sua forma plurale; che le parole mi distruggessero; che nella quiete risiedesse il balsamo per l'interno, sulla seduta dell'amaca anticamera di una qualsivoglia serenità. E invece è il silenzio a scorticare, le mani inermi, non le sberle sonore. E mi torna la voglia di fumare, di uscire con la scusa del tabacco, o per comprare il liquido per le piante, col suo odore acre, superfluo e doppiamente fastidioso.
Ho voglia di mettere parentesi al tuo viso, e una rete sul mio cuore. Come si fa su una pietra, perchè non cada in pezzi, perchè i frammenti non diventino massi, grazie alla ferocia insita nella velocità della loro caduta, verso gli abissi della sterilità e dell'assenza di movimento conseguenza del tonfo finale.
Nel mio sgabuzzino, hai lasciato cadere polvere d'amianto, sui petali di metallo malleabile scatola toracica della mia vista.
E ti ho lasciato fare tutto, ansiosa di tenermi stretti anche i lembi di alghe che temo e di cui sono fatte le tue braccia.
Ho scelto il mio cappio, ma non tutti i boia alla tavola rotonda sono daccordo.
Mi infilo le scarpe sulle mani. e cammino a testa in giù, senza cercare nuove prospettive.
Andiamo sul personale, tanto. Ieri ero nella mia casetta di Heidi, sui colli. Di fronte la ridente Città Alta, il gioiello bergamasco invidiatoci perfino da Le Corbusier. Sto preparando il pranzo per il mio assistente- dio l'abbia in gloria- neopapà- e anche la lines- e cercando di decifrare la cascata di progressivi sintomi di ritardo mentale della signora che dovrebbe aiutare mio nonno, quando avviene il miracolo. Studio aperto annuncia una notizia che colpisce la mia attenzione- tutto è possibile. Niente altri sonniferi per la Moric, niente nevicate eccezionali alle barbados, bensì l'annullamento di un matrimonio da parte del tribunale ecclesiastico emiliano. Un avvenimento giuridico di tal fatta- oltre a costare agli interessati dai 15mila ai 45mila euro in aula, senza contare gli anni di psicanalisi successivi ai divorziati causati dalle barbare procedure ecclesiastiche- è frequente come una pioggia di rane e insidioso nelle sue interiora come la mente di cuccia- che dio l'abbia in gloria2. Motivazione? Anoressia della coniuge. Considerata, a causa dela sua patologia, <<incapace di assumersi in piena libertà “gli oneri della scelta”. >> . Chissà se avrà l'anima a questo punto. Una cosa è certa: con la chiesa non ci si annoia. Non ho commenti.
Il resto della giornata scorre tranquillo con mio nonno che sfotte la sua aiutante polacca ("Nono dorme?hehehe" "Sì, cercavo di non svegliarmi più") dicendole che vuole morire Grazie a lui amo gli uomini dotati di humor inglese. In serata compleanno di amici. Uscita dal cesso del locale finisco, vestita anni 20, ma col cappello texano e sbronza, addosso ai quarti di bue pettorali del barista del locale mentre suonano gli ac/dc. Una piadina rischia una morte per spiaccicamento per colpa mia. Tutto normale.
Penso ancora all'anoressica.
Parte seconda: se vedi blu non è un puffo
Oggi, giornata di riposo, mi sveglio, piatti e caffè, peli nel bidet e mi do' alle notizie. Preparo la colazione vera e guardo il pane: un grande ex nemico. Chissà che un domani, nel caso in cui sciaguratamente mi sposassi un chiesa (si sa mai nella vita), qualcuno parlasse nel momento degli impedimenti vs l'unione e mi sputtanasse brandendo una pizza ...probabilmente uscirebbe hugh grant dal tabernacolo e sghignazzerebbe? e io finirei come giordano bruno sul sagrato?..ok, sono ancora i long island di ieri a parlare. Scrocco faccia di libro pe vedere delle foto di sabato e noto il link di un amico: gli scontri a bergamo tra i gggiovani dei centri sociali (uhahuhuhaaa, che è triste come chiedere a una ingrassata se è incinta) e la polizia, presunta garante dell'ordine e pregata di mantenerlo con ogni mezzo necessario.
Sapevo delle mobilitazioni, ho cari amici che militano e che mi fanno preoccupare come una mamma. E non sono pagliacci. Io lavoravo a quell'ora. Anche volendo non ci sarei potuta essere. Ed è tutto vero. Ho sempre saputo com'è bergamo, ci ho vissuto, ci sono tornata. Non ho mai frequentato i centri sociali per ragioni differenti da concerti o simili. Non mi aspetto ******* da chiesa, tutori dell'ordine nè organizzazioni di qualsiasi colore. Cerco sempre di tenere gli occhi vigili risevandomi la libertà di farmi un'opinione sul mondo totalmente mia, scevra da influenze. Sono finita in mezzo a cortei di tutti i tipi, a volte rincorsa per sbaglio (forse erano preti travestiti e mi avevano vista a cena), altre rimorchiata da poliziotti insolventi.
Credo che il fatto di avere visto nei video persone che conosco ovviamente abbia acuito il moto di dissenso della mia testa. Unitamente al fatto di sapere quelle case, i posti, gli odori dei locali che danno sulle vie cittadine e le scritte sui muri. Ma soprattutto spero colpisca le persone che sgranavano gli occhi per quello che raccontavo della mia città, che mi dicevano che è tranquilla, ricca, bella. Certo, vista dal finestrino di una porche che scorazza sulle mura, tappezzato di rosa e hello kitty con licia colò che mostra loro una cartolina della città. Tutti quelli al corrente della violenza della tifoseria- quella violenta- per la quale è lecito continuare a paralizzare come una macchina da guerra tentacolare la zona stadio come un fungo atomico tutte le volte che si gioca.
Poi a bergamo la teoria prevede una specie di regola, di voto. Se la città fosse stata risparmiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale non si sarebbero dovuti aprire locali di genere discotecaro nel comune della città. di fatto c'è uno dei locali gay più seguiti e divertenti della lombardia vicino al rondò delle valli, che non è centro ma quasi. (dico io, non potevano limitarsi a costruire una chiesa?come han fatto per la peste nel medioevo?)
Ma sarebbe tutto semplice. Basterebbe capire che il segreto è la convivenza pacifica, silente: fate finta di non esserci!
lasciamoli fare sti neri!vedrete che i vostri rasta ve li lasceranno tenere, sotto un qualche fez magari, che c'è spazio. statevene a lallio, fatevi i cazzi vostri, magari consigliategli di migliorare la grafica ma per il resto che male fanno? poi scusate, se sapete che che c'è casino cosa uscite a fare di casa? tanto tranquilli, la prossima mossa sarà chiudere le mura alle dieci, come ai tempi del fascio, almeno col coprfuoco saremo tutti al sicuro: i ricchi sù e gli altri giù. i cinesi da una parte i senegalesi dall'altra. magari faranno un locale dark quelli dorza nuova, inviteranno i rossi per un aperitivo, una bella serata stendaliana, senz'acca, che quella se l'è presa l'ospedale maggiore col pienone di manganellati che c'è ultimamente.
E poi ridico, ma donne, ma dovevano venire a dircelo i preti che l'anoressia non ci fa fare i figli? (le sante medievali erano anoressiche e avevano le visioni, ettecredo!ma erano vergini e poi voliamo basso...) Che è come un anticoncezionale e non è naturale? Che tanto diciamocelo, è solo per vezzo che rifiutiamo il cibo, o è perchè non ci sappiamo gestire l'alimentazione che mangiamo a caso. una sana via di mezzo! e se proprio proprio abbiamo qualche chilo in più basta vestirsi di nero, che smagrisce ed è sempre elegante: in italia è andato moltissimo, per più di vent'anni.